BIOGRAFIA
Nata a Porto Empedocle (Ag)
Inizia da autodidatta dipingendo animali su sassi, per perfezionarsi frequenta vari corsi tra cui corso di decoupage, restauro ligneo, decorazione restauro ceramica, l’Accademia di Belle Arti “Leonardo da Vinci” a Capo d’Orlando (Me). Così facendo matura il suo stile che varia dal figurativo all’astratto, al surreale.
La tecnica che predilige è la pittura ad olio, spesso raffigura soggetti religiosi.
E’ appassionata di iconografia bizantina!
Ha partecipato a varie collettive nei comuni di Sinagra, Capo d’Orlando, Acquedolci, Naso, Santo Stefano di Camastra, San Marco d’Alunzio, Torrenova, Caltagirone, San Fratello, Sant’Agata di Militello, Gioiosa Marea,
Rocca di Caprileone. Monza, Forlì
Ha partecipato alla 2° Biennale internazionale d’Arte di Palermo
Attestato di merito “Omaggio a Domenico Modugno” San Remo
2° classificato al concorso “Artisti per Nassirya”
2° classificato al concorso “Primavera e Venere”
L’espressione che esce dalle mani di Cristina rivela, insieme con quella creativa, una pretesa organizzativa dello spazio simbolico conformemente alle credenze sull’origine, di cui ne rappresenta il vaglio in una costante esigenza interrogativa. La verità metafisica appare solida perché la pittrice non smette di crederci, alludendo mediante il suo sentito linguaggio, a ciò che di più profondo e radicale la classicità detiene. Icone dalle fattezze di insidiosa bellezza manifestano l’integrità caduca dell’essere all’aspirata luce del divino: devozione a una pittura che tra infinità e finitezza, tende a rinvenire nel corpo il proprio poetico medium topico e immaginifico, alludendo così alle forme del bene e dell’amore.
Ma, nell’esigenza tutta contemporanea di un progressivo sperimentare e di una fantasia che supera e sfida conquistate certezze, la pittura di Cristina con uno sforzo superlativo, trasmuta la comprovata credenza in note compositive dall’impulso tutto umano delle contraddizioni interiori: vestigio della sensibilità del suo animo di donna e madre. Nascono così le coreografie astratte, geometrie arcane di uno spazio in cui il tempo è orientato alla vitale ricerca della felicità creativa. Atmosfere visionarie si dipanano su una tavolozza incupita, toni scuri di colori inquieti rimandano ingestibilmente alla dedizione tutta spirituale ai violacei: sobrietà, umiltà, temperanza, nostalgia; il limite verso ciò che non è percepibile dai sensi ma solo dall’intuito. Questo carattere astratto e spirituale è polarizzato a un’energia gioiosa che esalta liricamente il torbido sogno di una donna che sa attendere mentre brucia appassionatamente.
Appare chiaro che, alla ricerca dell’armonia di una vita in cui tutto incessantemente diviene, le pulsioni di Cristina oscillano fra stabilità ed evasione: ragioni specifiche e rifiuto s’insinuano nelle sue tele con semplicità e determinata volontà. Spiritualismo e simbolismo divengono pertanto elementi di una lenta e silenziosa lotta, il cui eco rivendica il piacere dei sensi nel mistero dell’infanzia del tempo.
Una preghiera, la sua pittura, custode dell’ombra di una vita invocata e tanto amata.
Critico e filosofo Felicia Lo Cicero
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