‎Francesco Bosco‎

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Francisco Garden

Eden

Critica a cura di Marco Grilli

Storia, leggenda, credenza, culto ma anche bellezza, purezza e sensazionalità: così si può descrivere l’Eden di Francisco Garden che propone una scultura unica nel suo genere, capace di sfidare le leggi umane plasmando la materia a propria immagine e somiglianza, creando figure sinuose e allungate, che sembrano danzare verso l’alto, nell’infinito vortice del tempo e dello spazio. Qui tutto si concentra su di un piccolo punto di colore, un oggetto anzi un frutto da cui tutto ha avuto fine e inizio, dove la vita dell’uomo da celeste, pura e ultraterrena si è fatta carne, si è fatta tangibile, si è fatta peccatrice. La mela che l’uomo e la donna tengono stretta tra le loro mani è tinta di rosso, un colore caro ai sentimenti, alle emozioni umane, all’amore terreno ma anche alla passione e al sacrificio del Figlio fattosi Uomo per la salvezza dell’Umanità. Ed ecco Garden raffigurare l’uomo e la donna che con un braccio sembrano aggrapparsi all’Altissimo nella speranza di riceverne il perdono, ma con le gambe ormai terrene che si fondono con il suolo, ancorando ogni loro speranza a questo nuovo “universo”, rilegandoli nel mondo degli uomini (e non più delle anime) come simbolo della giustizia divina che condanna i peccatori a questo tremendo supplizio. Solo il Battesimo, simbolo dell’iniziazione del neonato alla vita Cristiana, può liberare l’essere umano dal peccato originale, facendogli vivere questa vita terrena nella speranza di una più gloriosa ed eterna esistenza trascendentale. Francisco Garden ha saputo ben cogliere questo concetto tanto ancestrale quanto contemporaneo, riproponendone i tratti salienti nella leggera possanza del tratto volumetrico dell’opera, dove linee, forme e figure sembrano danzare in uno spazio senza tempo, dominato solo dalla bellezza della creazione artistica dell’umano ingegno.

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